venerdì 12 ottobre 2012

Vaffanculo. Okay?

Ebbene, oggi non comincerò con nessuna citazione in particolare dato che non ne ho trovata nemmeno una che possa esprimere come mi sento in questi giorni.
Sento come se mi stessero prendendo a pugni da dentro, come se qualcosa stesse scalciando all'altezza del petto. Sembra che questa cosa voglia sfondarmi il torace a forza di calci, spaccandomi tutte le ossa del torace. Sono incazzata col mondo senza un motivo preciso, o che forse non riesco ancora a capire. Ma quando mai riesco a capire quello che mi affligge? Beh, sì, mai.
Avrei voglia di mandare a fanculo tutti quelli che mi circondano senza una vera e propria ragione, come se la loro semplice presenza, fosse per me, irritante. Non sopporto quando mi fanno domande, quando mi chiedono cosa io abbia...ma perché non lo so cazzo, non lo so. Ed è proprio in questi momenti che vorrei vivere in un posto isolato, magari su una montagna, per perdermi e non tornare più indietro. Sento il bisogno spassionato di urlare e sentire l'eco della mia voce rimbombare nella solitudine di una foresta. Penso perennemente, vorrei tanto riuscire a smettere, schiacciare un bottone per spegnere il cervello. Dovrebbero brevettarlo, non credete? Parlando di pensieri mi viene in mente una citazione di Sartre, che prende come esempio il COGITO ERGO SUM di Cartesio. Noi esistiamo perché pensiamo, vero?  E' un'impresa impossibile smettere di pensare, io ci ho provato mille volte, con la speranza di riuscirci, ma è stato tutto ovviamente vano. Pensiamo che non vogliamo pensare, ma ci ritroviamo comunque a farlo. Ma quando i pensieri diventano opprimenti e quando cominciano a distruggerci, quanto vale la pena esistere? {xxx}
"Je suis, j'existe, je pense donc je suis; je suis parce que je pense, pourquoi est-ce que je pense? Je ne veux plus penser, je suis parce que je pense que je ne veux pas être, je pense que je... parce que... pouah! " Jean Paul Sartre - La Nausée

domenica 15 luglio 2012

Muri.

« Tutto ciò di cui avevo bisogno era l'unica cosa che non riuscivo a trovare. »
Linkin Park - Burn it down

Cerchiamo e cerchiamo ma non troviamo mai quello che stiamo disperatamente cercando. Ci guardiamo attorno con la speranza di capire da dove provenga quel vuoto che inesorabilmente si apre dentro di noi, quasi al centro del petto. Quella sensazione di vuoto sembra non abbandonarci, ma non possiamo farci nulla. Ma diciamocela tutta, nemmeno noi sappiamo cosa possa servire per riempire quel buco nero che lentamente fa strage di noi. Più ci affanniamo e il miraggio di ciò che cerchiamo diventa sempre più sfocato. Potrebbe trattarsi di una persona, di un gesto mancato o di un oggetto (se si dovesse trattare di un oggetto, sarebbe una cazzata assurda perché gli oggetti si comprano).  
Prendendo me stessa (ma va) come esempio, sento questa costante sensazione di vuoto, come se mancasse un pezzo importante del puzzle che mi compone. Forse è solo perché sono una tipa che si fa mille segozzi mentali, però quando mi fermo a pensare sento che qualcosa manca, qualcosa di essenziale. Ma cosa? Non ho mai capito cosa possa essere assente dalla mia vita, forse è, appunto, una semplice sega mentale. Mia madre ogni volta me lo chiede, mi domanda Cosa ti manca? Che cosa c'è che non va? Hai tutto. No, mamma, non ho tutto. Non saprei nemmeno rispondere a una di quelle domande ma so di per certo che non ho tutto e mai avrò tutto. Sono anche sicura al mille per mille che non capirò mai cosa mi manca veramente, perché è impossibile. Sembra quasi che ci sia un muro tra noi e quello di cui abbiamo un disperato bisogno. Come se qualcosa ci bloccasse e non ci permettesse di accedere a quello che cerchiamo. L'unica cosa che sappiamo lo vogliamo, con tutti noi stessi. Allora ci arrampichiamo lungo quel maledettissimo muro, lo scaliamo, ci graffiamo, ci spezziamo le dita e rischiamo di cadere. Il muro sembra non finire mai, sembra ergersi sempre di più, per dieci centimetri che abbiamo percorso, il muro si alza di trenta. Allora ci lasciamo cadere, così, lasciandoci lambire dal vento e precipitiamo, assieme alla convinzione che qualcosa ci manca e che non sapremo mai cos'è. Vi lascio, dopo questo discorso ridondante e senza senso, la canzone dei Linkin Park della citazione finale My December

« Desidero solo di non sentirmi come se ci fosse qualcosa che mi manca. »
Linkin Park - My December

lunedì 9 luglio 2012

Tanta merda.

« Accettalo. Un giorno sei il piccione, un giorno sei la statua. »

E io in questo momento mi sento proprio così. Ma non sono il piccione, no, sono la statua. Una statua che è ricoperta dalla, tantissima, merda che uno stormo impertinente di piccioni si ostina a cagarmi addosso. Questo branco impazzito di volatili mi sta cagando addosso tutta la sua merda, sembra divertirsi.
Ne sono così piena, di merda, che nemmeno una squadra di pulizie riuscirebbe a levare lo strato bello spesso che ricopre la superficie. Mi viene da ridere nel compararmi a questa statua. Non sono stata spesso piccione, non mi piace poi così tanto, a dirla tutta. Ma non so cosa fare per evitare tutta la merda che mi sta calando addosso, che cola e cola ancora. Si insinua in ogni fessura, in ogni crepa e mi riempie. E' come se stesse scavando lunghi torrenti scrosciando come acqua violentemente. Se proprio vogliamo dirla tutta, potrei dire che la merda che mi scava dentro sono i pensieri e ciò che viene scavato è il mio cervello. I pensieri si insinuano tra la materia grigia e cominciando a scavare con violenza. Non è un caso che ormai dormo poco, che non mi addormento alle cinque del mattino ogni sera. Ma ci sto male, non riesco a non stare male per questa cosa. Poi oltre a quello ci si aggiungono altre mille cazzate e tutto sembra ancora più pesante, mi preme tra le tempie come se volesse esplodere. Sarà per questo che il mal di testa non passa ormai da una settimana? Unita alle poche ore di sonno che mi faccio, direi di sì. Comunque come avrete capito voi stessi, la parola chiave di questo post è proprio merda.
Scommetto che tutti almeno una volta nella vostra vita, lunga o breve che sia, abbia provato questa sensazione opprimente. Come se tutto e tutti fossero schierati contro di te; come se steste cercando di correre e correre ancora, ma vi trovaste su un fottuto tapis rulant o ancora come se cercaste di salire le scale mobili, che invece che salire stanno scendendo. Bene, credo di aver finito qui, dato che non so nemmeno perché io stia qui a scrivere questo post. Mi hanno detto che bisogna esorcizzare i propri demoni in qualche modo e che la scrittura sia un metodo formidabile. Direi che ora me ne vado. Vi lascio con questo solo, di Yan Tiersen.

sabato 30 giugno 2012

Riproduzione casuale.

« La musica è il linguaggio universale dei sentimenti. » 
Noel Gallagher 

Credo che sia veramente inutile dire che questa affermazione sia veramente coincidente con la mia idea di musica. Attraverso le note ci possiamo immedesimare in tutto e per tutto, non servono necessariamente le parole. Per esempio, il più delle volte io mi lascio prendere più da canzoni solamente strumentali, piuttosto che da quelle con parole.
La musica ha il grande potere di esprimere le emozioni nella maniera più reale possibile; anche se la musica è un qualcosa di astratto, però, da in qualche modo forma a quello che una persona prova. Non importa il genere o altro, la musica se è bella è bella a prescindere da chi la canti o chi la suoni. Infatti io ascolto di tutto, purché mi piaccia e riesca a trasmettermi qualcosa.

Mi è capitato un sacco di volte di trovarmi nel mio grande letto, da sola,  a pensare durante la notte con qualche musica o canzone in riproduzione sul cellulare. L'avete mai fatto? Quando l'insonnia mi colpisce lo faccio sempre, soprattutto in questo periodo, che prima delle tre e mezza quattro Morfeo non viene a farmi visita nemmeno pregandolo in tutte le lingue del mondo. Mi posiziono al centro del mio lettone, prendo il cellulare, setto il volume abbastanza basso e comincio a far partire la riproduzione casuale. Con gli occhi chiusi, nell'oscurità, la musica prende forma, fa uscire quello che ho dentro e sembra che qualcosa dentro di me si sollevi. Per esempio, Wish di Hammock per me è una vera e proprio mazzata nello stomaco. E' un crescendo continuo, all'inizio mi dona una sorta di calma, mi fa pensare a cose belle e tutto d'un tratto comincia il dolore fisico. E' come se fossi così immersa nella melodia che il mio cuore stesso non riesce a non seguirne il ritmo. Forse a voi farà un effetto diverso dal mio, ma vi posso assicurare che è emozione allo stato puro. Proprio adesso la sto ascoltando mentre scrivo questo post e ho i brividi, lo stomaco in subbuglio e una strana sensazione che non so spiegare. Mi viene da pensare alla storia di due persone, magari un po' travagliata, con tanto desiderio in mezzo. 

Le canzoni hanno anche il potere malsano di far lavorare il mio cervello in maniera creativa, mi fanno immaginare le più svariate cose o situazioni. Potrei prendere come esempio Midnight City degli M83, una delle mie canzoni preferite in assoluto. Non saprei nemmeno spiegarvi perché, però fa lavorare la mia fantasia a livelli cosmici. Con quel ritmo lento all'inizio, mi immagino una giovane ragazza che corre per un campo di fiori, sorridente, vestita con un leggero abito bianco e ad un tratto la scena si trasforma. C'è sempre questa giovane, ma che lavora in un night club. Non chiedetemi il perché, il mio cervello lavora da solo. Io sono solo vittima della mia immaginazione, non posso controllarla. Ma è proprio questo il bello della musica, almeno per me: mi fa saltare tutti i freni della mente, liberandola e facendo comparire immagini e tutto il resto.

giovedì 28 giugno 2012

Incendi.

« A quel tempo danzavano per le strade come pazzi, e io li seguivo a fatica come ho fatto tutta la vita con le persone che mi interessano, perché le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d'artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra. » Jack Kerouac 

Vorrei vivere anche io un'esperienza simile; lasciarmi tutto alle spalle, prendere una macchina - anche sciangata - e andarmene, dimenticarmi di tutto e di tutti. Vivere alla giornata, spaccarmi la testa su persone impossibili e perderci giornate sopra, nel tentativo di comprenderle, di capire i loro desideri, i loro pensieri. Proprio come scrive Kerouac, ho un interesse atipico per le persone che sono folli. Forse perché sono un po' folle anche io? Potrebbe darsi, ma è più forte di me. La normalità - anche se è relativa, così come la follia - mi scoccia ad essere sinceri. Anche se chi può parlare di pazzia e normalità? Sono due concetti fortemente soggettivi a mio parere, perché è la società che impone i canoni della normalità e quelli per la pazzia.
Mi applico per capire certi elementi, ci perdo giornate intere, nel tentativo di entrare dentro di loro, di cogliere uno sprazzo della loro essenza. Cogliere il folgore della loro anima, che per certi versi può essere considerata dannata; brucio insieme a loro, mi ustiono ma continuo sempre questa mia lotta personale, nella speranza di avere solo una fiammella di quel braciere dentro di me. Mi capita di pensare che ognuno di noi ha un fuoco dentro, anche se non tutti se ne rendono conto.
Molte volte ho notato che le persone cercano di spegnere il fuoco che c'è dentro alcune persone, cercano di soffocarlo con la sabbia della loro pallosissima routine. Perché, perché fare una cosa del genere? Io credo che si tenti di estinguere questi incendi umani, perché si ha paura che le lingue infiammate della loro anima possano bruciarci. 
Sinceramente parlando, per me è una cazzata. Perché mai si dovrebbe estinguere il fulgore ardente dell'anima di una persona? Quello è il fuoco che rende vivi, che scatena passione, amore, desiderio. Quello è il fuoco che accende una persona, che fa si che sia se stessa. Quello è il fuoco che può distruggerti, bruciandoti come se fossi una piccola erbaccia in un bosco troppo grande vittima di un incendio di dimensioni epocali.